Nella notte tra il 7 e il giorno 8 Aprile del 1492 si spegneva Lorenzo de Medici nella Villa di Careggi, li era nato e li si fece trasportare per dare gli ultimi saluti. Non so se fosse cosciente o no che il viaggio che affrontava dall’allora Via Larga, ora via Cavour, dove era la sede ufficiale della sua famiglia e la villa poco al di fuori dell’allora Fiorenza fosse l’ultimo; in fondo si stavano spendendo in molti per non farlo morire, anche perché tutti sapevano che morto Lui la pace e la libertà di quello spettacolo di arte e cultura che era la sua amata città e in tutta Italia, attraverso le alleanze che Lui aveva promosso e sostenuto, sarebbero cessate. Dicevano che era un tiranno, ma se lo fosse stato, come ve ne erano all’epoca, presso la sua dimora non sarebbero state ben accette tutte quelle anime artistiche, umaniste e intellettuali che da altre parti erano considerate reiette. Un tiranno lega la sua figura alla paura alla persecuzione e all’ignoranza che sono le tre armi che sprofondano un popolo nella paura, era stato terribile nella sua vendetta, spietato con chi lo era stato con lui ferendolo per sempre nel profondo per l’omicidio del fratello Giuliano, ma era la giustizia dell’epoca che si faceva in questo modo. La quantità di sangue che nei giorni della Congiura dei Pazzi era stato versato non era cosa che non toccasse nel profondo la sua anima divisa tra razionalità e passione, la follia del dolore per la morte del fratello si è subito trasformata in vendetta, ma la rivolta dei suoi concittadini contro i Pazzi sicuramente fu decisiva per Lui per comprendere come si può perdere tutto in un attimo.
Rimarrà per sempre un principe senza corona, ma autentico come mai ce ne sono stati.
Il titolo di Magnifico lo ha avuto umanamente, perché era tale. Splendeva in qualsiasi cosa anche quando sbagliava, era un amico che si prodigava, un poeta, un cantautore, un politico, un mecenate, un amante, un agronomo persino (ha portato Lui la coltivazione del riso a Firenze), un imprenditore. Era una persona eccezionale nel vero senso della parola perché a quel tempo Lorenzo de Medici era un’eccezione. Amato e rimpianto, il fango di Savonarola non ha poi così ben attecchito sulla figura di Lorenzo tanto che dovette ripiegare su Piero, il figlio, cosa molto semplice da fare.
Era un ragazzino quando iniziò ad essere la speranza della sua famiglia e di suo nonno Cosimo, che lo addestrò anche ferocemente alla vita che lo attendeva. Eppure, lui sarà sempre allegro, sino alla morte del fratello, con amicizie che dureranno una vita. Fiorentino nel carattere sarcastico e rude ma allo stesso tempo buono e umano. Un giglio, bellissimo e forte.